Il collage di denuncia sociale.
Il 24 maggio 1963, al Forte di Belvedere di Firenze, prendeva forma un’esperienza destinata a segnare in profondità la scena artistica italiana ed europea: il Gruppo 70. Nato durante il convegno Arte e Comunicazione, il collettivo riunì artisti, poeti, intellettuali, critici e musicisti insofferenti verso i linguaggi tradizionali, pronti a sperimentare nuove forme espressive capaci di dialogare con la vita reale, con i mass media e con le contraddizioni della società postindustriale.
Firenze in quegli anni divenne laboratorio di un’arte radicale, interdisciplinare e contestataria.

Il collage, una tecnica interdisciplinare
Alla guida del movimento si collocarono Lamberto Pignotti ed Eugenio Miccini, presto affiancati da Lucia Marcucci, Luciano Ori, Ketty La Rocca, Antonio Bueno, Roberto Malquori, Michele Perfetti e dai musicisti Giuseppe Chiari e Sylvano Bussotti.
La loro ricerca si mosse su un terreno ibrido, fondendo parola e immagine in un linguaggio “doppio” – logo-iconico – che destabilizzava i confini tra poesia, arti visive, musica e comunicazione pubblicitaria. Le tecniche sperimentate, come il collage di materiali pubblicitari e giornalistici, si proposero come alternativa radicale alla pittura e alla poesia tradizionali.

La Poesia Visiva: capovolgere i messaggi della massa
Il termine chiave per comprendere il Gruppo 70 è Poesia Visiva, definita da Pignotti come:
“una poesia che ricerca rapporti fra materiale verbale e materiale visivo, rigenerati da quotidiani e rotocalchi… una poesia che tende a capovolgere di segno i messaggi della comunicazione di massa”.
In un’epoca in cui giornali, pubblicità e fumetti alimentavano una ricezione passiva e consumistica, la Poesia Visiva si proponeva come guerriglia estetica e ideologica. Attraverso ironia, cortocircuiti semantici e giochi visivi, gli artisti invitavano lo spettatore a diventare un lettore critico e attivo, scardinando il linguaggio del potere mediatico.
Arte come “cavallo di Troia”
Miccini definì la Poesia Visiva come una vera e propria tecnica del cavallo di Troia: appropriarsi dei feticci e delle icone della società di massa per ribaltarne dall’interno i significati. Una guerriglia culturale che utilizzava i linguaggi del nemico – pubblicità, rotocalchi, fumetti – per smascherarne la superficialità e il vuoto ideologico.
Questa tensione faceva del Gruppo 70, non solo un’avanguardia estetica, ma anche un movimento politico e sociale, impegnato contro colonialismo, guerra in Vietnam, sessismo, cultura patriarcale e squilibri economici globali.

Alcune opere emblematiche
La produzione degli artisti del Gruppo 70 è ricca di esempi che testimoniano la forza di questa nuova forma di espressione.
Ogni opera diventa un campo di tensione dove parola e immagine non solo convivono, ma si potenziano a vicenda, rivelando il lato nascosto della realtà.
- Lucia Marcucci, con Si Barone (1964) e Fra tutti si distingue (1965), denuncia la riduzione della donna a status symbol imposto dalla moda e dal cinema.
- Ketty La Rocca, con collage come Minaccia la vita (1964-65) e Dolore… come natura crea, mette al centro il corpo femminile e la parola “dolore”, intrecciando arte e critica sociale.
- Giuseppe Chiari, in opere come Partitura (1961), trasforma il linguaggio musicale in gesto visivo e concettuale.
- Luciano Ori, in Il metro e l’ora (1965), lega cronaca politica e tensioni sociali, accostando Nikita Krusciov alla lotta dei neri.
- Lamberto Pignotti, con i suoi collage, smaschera i meccanismi della pubblicità e dell’omertà sociale, denunciando la corruzione attraverso un linguaggio ibrido e ironico.
Dall’arte tecnologica alla cultura democratica
Nel convegno Arte e tecnologia (Firenze, 1964), Pignotti teorizzò quella che chiamava Arte tecnologica: un’arte capace di assumere i linguaggi della società di massa (giornalismo, pubblicità, moda, economia, burocrazia) e piegarli a un fine critico e creativo.
Non più un’arte d’élite, ma una cultura realmente democratica, capace di dialogare con i nuovi strumenti di comunicazione, senza subirne la logica ma imponendo una propria visione.

L’attualità del Gruppo 70
Oggi, a distanza di oltre sessant’anni, le intuizioni del Gruppo 70 ci appaiono di sorprendente attualità. In un mondo dominato da social media, immagini virali e algoritmi, il loro invito a leggere criticamente i messaggi della comunicazione di massa è più che mai necessario.
La Poesia Visiva ci ricorda che le parole e le immagini non sono mai neutre: possono diventare strumenti di manipolazione, ma anche armi di liberazione e consapevolezza.
Forse, mai come oggi, abbiamo bisogno della loro ironia feroce, della loro capacità di usare i linguaggi del potere per smontarli dall’interno, e della loro fiducia nella possibilità che l’arte possa ancora incidere sulla società.
In questo senso il Gruppo 70 non è soltanto una pagina di storia dell’arte, ma una lezione viva: la poesia può essere letta e vista, la pittura può essere lettura critica, e l’arte può farsi ancora guerriglia contro l’omologazione culturale.

Per scoprire altre curiosità legate al mondo del collage, la sua storia e i suoi personaggi non perderti il prossimo articolo!
Mi trovi su instagram @collage_diary
Alice


Lascia un commento