Décollage: l’arte dello strappo

Quando pensiamo al collage, ci viene in mente l’atto di aggiungere: ritagli, fotografie, carte e immagini che si sovrappongono per creare una nuova composizione. Ma negli anni Cinquanta nasce una pratica gemella, capace di ribaltare questo gesto creativo: il décollage.
Un termine che letteralmente significa “staccare” o “scollare” e che può essere definito come un collage al contrario.

Dal collage al décollage

Se il collage costruisce per aggiunta, il décollage nasce dalla sottrazione. L’artista non incolla nuovi elementi, ma li rimuove, strappa, scolla, lacera superfici già esistenti. In questo modo, ciò che appare è il risultato di una distruzione che diventa creazione.
Un gesto apparentemente semplice, ma profondamente carico di significati: svelare ciò che sta sotto, dare voce agli strati nascosti, trasformare lo scarto urbano in linguaggio artistico.

I manifesti urbani come tela

Il contesto in cui il décollage trova la sua massima espressione è quello delle città del dopoguerra. I muri erano ricoperti da manifesti pubblicitari sovrapposti, un mosaico caotico e colorato che cambiava giorno dopo giorno.
Artisti come Mimmo Rotella, Raymond Hains e Wolf Vostell intuiscono il potenziale di questo materiale effimero: strappano manifesti dai muri e li portano in studio, oppure li lacerano direttamente nello spazio urbano, trasformando il gesto dello strappo in atto artistico.

  • Mimmo Rotella, in Italia, è considerato il maestro del décollage. I suoi “manifesti lacerati” nascono da azioni rapide e istintive, che lasciano emergere brandelli di immagini pubblicitarie e slogan.
  • Raymond Hains, in Francia, esplora la stratificazione urbana, facendo emergere frammenti tipografici e cromatici che ricordano composizioni astratte.
  • Wolf Vostell, in Germania, collega il décollage alla critica politica e sociale, usando lo strappo come metafora di una realtà da smascherare.

Arte della sottrazione, critica del consumismo

Il décollage diventa così una pratica fortemente legata alla critica del consumismo e alla riflessione sul bombardamento visivo tipico delle città moderne.
I manifesti strappati non sono solo immagini spezzate, ma la testimonianza di un mondo frenetico e frammentato, fatto di messaggi sovrapposti e destinati a essere rapidamente sostituiti.
Lo strappo diventa un atto di ribellione contro l’omologazione pubblicitaria: rimuovere, distruggere, lasciare che la casualità costruisca un nuovo ordine estetico.

L’eredità del décollage

Oggi il décollage continua a influenzare artisti, designer e street artist. La logica dello strappo che rivela si ritrova nelle opere urbane, nei progetti grafici e persino nelle installazioni digitali.
Quella che era nata come una pratica di sottrazione si rivela, in realtà, un modo per aggiungere senso: togliere per far emergere, distruggere per ricreare, smascherare per raccontare.

Per scoprire altre curiosità legate al mondo del collage, la sua storia e i suoi personaggi non perderti il prossimo articolo!

Mi trovi su instagram @collage_diary

Alice

Lascia un commento